sabato 10 giugno 2006

Referendum costituzionale

Le conseguenze dell’esito del referendum costituzionale confermativo del 25 e 26 giugno in caso di vittoria del “si” o del “no”
PARLAMENTO

Se vince il sì

Nasce un bicameralismo asimmetrico. La Camera ha un carattere più spiccatamente politico. Il numero dei deputati cala a 518 (18 eletti all’estero). Si aggiungono al totale i «deputati a vita» (gli ex presidenti della Repubblica più 3 di nomina del capo dello Stato). Votano i maggiorenni, e per essere eletti bastano 21 anni alla Camera e 25 al Senato. I 252 senatori sono eletti in ogni Regione «contestualmente all’elezione dei Consigli regionali». Partecipano anche (senza diritto di voto) rappresentanti dei Consigli regionali e delle autonomie locali. Per la validità del voto dovranno essere presenti senatori di almeno un terzo delle Regioni. Il regolamento del Senato Federale garantirà i diritti delle minoranze. Alle opposizioni spetta la presidenza delle Commissioni di garanzia, di controllo e d’inchiesta della Camera. I presidenti di Camera e Senato sono eletti con maggioranza dei due terzi (assoluta dal terzo scrutinio).
Se vince il noVige il bicameralismo perfetto: tutte le proposte per diventare legge devono essere approvate nello stesso testo sia dalla Camera che dal Senato.
I deputati sono 630, e i senatori 315 più i senatori a vita (gli ex presidenti della Repubblica più cinque di nomina presidenziale). Non c’è solo una differenza nell’elettorato passivo (i senatori devono avere almeno 40 anni, i deputati 25), ma anche nell’elettorato attivo: per la Camera votano, infatti, i cittadini che abbiamo compiuto i 18 anni, mentre per il Senato possono farlo soltanto i cittadini che abbiano superato il 25° anno di età. Non è prevista nessuna norma che tuteli i diritti delle opposizioni. In merito alle elezioni dei presidenti il testo vigente della Costituzione specifica soltanto che «ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il presidente e l’ufficio di presidenza». È il regolamento delle due Camere a specificare le modalità di elezione, in ossequio al principio di autonomia degli Organi costituzionali per il quale spetta alle Camere stabilire le norme che riguardano l’organizzazione e l’elezione delle cariche interne (c.d. “autodichia”).
ITER LEGISLATIVO
Se vince il sìCamera e Senato Federale si dividono il lavoro. Spettano alla Camera le leggi su materie di esclusiva competenza dello Stato in base all’articolo 117 riformato. Al Senato, invece, le materie di legislazione concorrente.
Dopo l’approvazione della Camera, il Senato può proporre, entro 30 giorni, modifiche sulle quali la Camera decide in via definitiva. Anche la Camera può, entro 30 giorni, proporre modifiche alle leggi approvate dal Senato.
Su alcune materie, nel caso in cui non ci sia un identico testo dei due rami del Parlamento, può essere convocata dai presidenti di Camera e Senato una commissione paritetica per elaborare un testo condiviso. Il capo dello Stato, può autorizzare il primo ministro a esporre al Senato i motivi che lo spingono a proporre modifiche (essenziali per il programma) a una legge di competenza del Senato. Se le modifiche non sono accolte, la parola finale passa alla Camera.
Se vince il noVale il bicameralismo perfetto: cioè i due rami del Parlamento hanno uguali funzioni e prerogative. Ciò comporta che un articolato non possa trasformarsi in legge fintantoché non sia stato approvato nella stessa versione tanto dalla Camera che dal Senato. Ciò può comportare in teoria, ma in qualche caso anche in pratica, che un proposta di legge possa non arrivare mai in porto per un continuo rinvio (la famosa “navetta”) tra i due rami del Parlamento. Implica, inoltre, un rallentamento dei lavori in quanto le due Camere devo interessarsi di tutte le materie. Per converso, questo sistema consente una maggiore riflessione al legislatore ed è più difficile che una legge possa essere approvata sulla spinta di un’onda emotiva.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Se vince il sì
Il Presidente della Repubblica “rappresenta la Nazione ed è garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica”. L’età per essere eletti scende a 40 anni. La scelta spetta all’Assemblea della Repubblica: deputati, senatori, rappresentanti delle Regioni (presidenti delle Giunte, comprese quelle delle Province di Trento e Bolzano e delegati eletti dai Consigli regionali) con 2/3 dei componenti nei primi 3 scrutini, 1 3/5 al quarto e, quindi, la maggioranza assoluta. Nomina i presidenti delle Autorità e il vicepresidente del CSM. I suoi atti – anche quelli di grazia – devono essere controfirmati dai ministri.
Se vince il no
Il Presidente della Repubblica “rappresenta l’unità nazionale”. È eletto dal Parlamento in seduta comune. Partecipano all’assemblea anche tre delegati per ogni regione (tranne la Valle d’Aosta che ne ha 1). Per l’elezione è prevista la maggioranza dei 2/3 dell’Assemblea, ma dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Può essere eletto se ha almeno 50 anni. Può sciogliere le Camere “sentiti i loro presidenti”. Può nominare un nuovo presidente del Consiglio che goda della fiducia della maggioranza del Parlamento, anche se è costituita da parlamentari che non facevano parte della coalizione di maggioranza che appoggiava il governo costituito dopo le elezioni.
PREMIER
Se vince il sì
Nasce il Primo ministro, che non dovrà più ottenere la fiducia delle Camere, ma dovrà illustrare il suo programma sul quale voterà la sola Camera.
Se lo richiede, su sua «esclusiva responsabilità», il capo dello Stato deve sciogliere la Camera. Inoltre potrà porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera si esprima «con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del governo». In caso di bocciatura deve dimettersi. Viene eletto in collegamento con una o più liste di candidati.
Se vince il no
Resta il presidente del Consiglio dei ministri, che è nominato dal capo dello Stato, che designa anche i ministri, seppure su proposta del premier. Dirige, ed è responsabile della politica generale del governo, ma l’esecutivo è un organo collegiale. Il premier mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo e coordina l’attività dei ministri. Questi sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. Il governo entro dieci giorni dalla formazione si presenta alle Camere e deve averne la fiducia.
RAPPORTO MAGGIORANZA PARLAMENTARE – GOVERNO
Se vince il sìLa Camera può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, approvando una mozione di sfiducia firmata almeno da un quinto dei componenti. In caso di approvazione, il premier si dimette e il capo dello Stato decreta lo scioglimento della Camera. Il Primo ministro si dimette anche se la mozione di sfiducia viene respinta col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza. Garante è il presidente della Repubblica, che richiede le dimissioni del Primo ministro anche nel caso in cui per il voto favorevole a una questione di fiducia posta dal Primo ministro sia stata determinante una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne. Viene istituita, però, la “sfiducia costruttiva”: i deputati appartenenti alla maggioranza uscita dalle urne, infatti, possono presentare una mozione di sfiducia con la designazione di un nuovo Primo ministro. In tal caso il premier in carica si dimette e il capo dello Stato nomina il Primo ministro designato nella mozione.
Se vince il noNon ci sono regole in proposito, nonostante nella cultura politica della cosiddetta “seconda repubblica” siano deprecati i ribaltoni, cioè i cambiamenti della maggioranza di governo uscita dal voto, e senza ritornare alle urne. L’attuale testo della Costituzione delinea, infatti, un sistema a forte centralità del Parlamento. Lo stesso premier sfiduciato dalle Camere, o qualsiasi altro presidente del Consiglio che abbia ricevuto l’incarico dal capo dello Stato, può presentarsi alle Camere anche con una maggioranza diversa da quella che ha vinto le elezioni.
AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA
Se vince il sì
I componenti del Consiglio superiore della Magistratura, oltre a quelli eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari, saranno eletti per un sesto dalla Camera e per un sesto dal Senato federale tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio.
Se vince il no
La Costituzione attuale prevede che siano eletti per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Il Presidente della Repubblica nomina il vicepresidente del Csm nell’ambito dei componenti eletti dalle Camere.
DEVOLUZIONE
Se vince il sìTornano tra le competenze esclusive dello Stato la promozione internazionale dell’economia nazionale, la politica monetaria, il credito, le organizzazioni comuni di mercato, le norme generali sulla tutela della salute, la sicurezza alimentare e del lavoro, l’ordinamento della Capitale, le grandi reti di trasporto e relativa sicurezza, l’ordinamento della comunicazione, delle professioni, dello sport e dell’energia. Tra le materie a legislazione concorrente (norme generali stabilite dallo Stato e norme di attuazione affidate alle leggi regionali) si sono incluse, relativamente solo all’ambito regionale: l’ordinamento sportivo, la comunicazione, l’emittenza, la promozione dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche e gli istituti di credito. Tra le competenze esclusive delle regioni, infine, l’“assistenza” e l’“organizzazione sanitaria”, l’“organizzazione scolastica”con la definizione dei programmi di interesse della Regione, la “polizia amministrativa regionale e locale”.
Se vince il noLa riforma varata dall’Ulivo nel 2001 ha modificato sensibilmente l’art. 117 della Costituzione del 1948. Dopo aver elencato le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato e quelle oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, stabilisce che spetta alle Regioni la potestà legislativa (esclusiva) in riferimento a ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. La Riforma dell’Ulivo precisa che tra i limiti della potestà legislativa di Stato e Regioni, oltre al rispetto della Costituzione e ai vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea, vi sono anche “gli obblighi internazionali”.
FEDERALISMO FISCALE
Se vince il sì
La riforma della Cdl ha confermato il “federalismo fiscale” varato dall’Ulivo. Ma ha aggiunto l’obbligo che entro 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge di riforma costituzionale sia attuato. Ha, inoltre, fissato dei limiti per cui in nessun caso l’attribuzione dell’autonomia impositiva alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva. Inoltre ha aggiunto la specificazione che “il riconoscimento” del principio di sussidiarietà (secondo il quale le formazioni sociali più grandi possono intervenire a sostegno delle più piccole quando, e solo se, queste non hanno risorse e mezzi risorse sufficienti per far fronte alle loro necessità), già introdotto con la riforma dell’Ulivo, deve essere favorito “anche attraverso misure fiscali”.
Se vince il noGià la riforma dell’Ulivo ha introdotto nel nostro ordinamento il principio di“federalismo fiscale” per cui i Comuni, le Province, e le Città metropolitane oltre alle Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
La riforma dell’Ulivo ha inoltre affermato il principio – poi confermato e precisato dalla Cdl – secondo il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (vedi sopra).
CORTE COSTITUZIONALE
Se vince il sì
Aumentano i giudici di nomina parlamentare. La Consulta sarà composta da 15 giudici: 4 nominati dal capo dello Stato, 4 dalle supreme magistrature, ordinaria e amministrative, 3 dalla Camera dei deputati e 4 dal Senato federale integrato dai governatori.
Se vince il no
Il numero di giudici di nomina parlamentare rimane invariato. Pertanto, la Consulta sarà composta sempre da 15 giudici, ma così distribuiti: 5 nominati dal Capo dello Stato, 5 dalle supreme magistrature e 5 dal Parlamento in seduta comune.
NOVITA’ DELLA RIFORMA DELLA CDL:
INTERESSE NAZIONALE
Con la riforma della Cdl, per fare da contraltare al generalizzato trasferimento di competenze esclusive dallo Stato alle Regioni (c.d. devoluzione), viene re-introdotto, dopo che era stato espunto a seguito della riforma del Titolo V del 2001, il concetto di “interesse nazionale”, ma ne viene disciplinato il meccanismo di salvaguardia: il Governo, se ritiene che una legge regionale pregiudica, appunto, l’interesse nazionale della Repubblica, invita la Regione a rimuovere le disposizioni in contrasto con esso. Se entro 15 giorni il Consiglio regionale non ottempera, il governo entro altri 15 giorni sottopone la questione al Parlamento in seduta comune che, con maggioranza assoluta, può annullare la legge. Il Presidente della Repubblica entro i successivi 10 giorni, emana il decreto di annullamento.
Si prevede che lo Stato possa sostituirsi alle Regioni, alle Città metropolitane, alle Province e ai Comuni, in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o comunitari, oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o economica o i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali.
AUTORITA’ INDIPENDENTI
Viene introdotto l’art. 98 bis che prevede (ciò che nei fatti già avviene) l’istituzione delle Autorità indipendenti “per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e su materie di competenza dello Stato”. La nomina dei presidenti spetta al Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle 2 camere.
ENTRATA IN VIGORE
Se la rifoma verrà approvata a seguito del referendum confermativo, una parte della riforma entrerà in vigore subito dopo il referendum: eleggibilità e immunità dei parlamentari, età per il Quirinale, Authority, federalismo, interesse nazionale. Una seconda andrà in vigore dal 2011: Senato federale, iter delle leggi, nuovi poteri del capo dello Stato, premierato. Un’ultima parte ancora più tardi, nel 2016: riduzione del numero dei parlamentari, età per essere eletti alla Camera, contestualità tra elezione del Senato federale e dei consigli regionali.