giovedì 15 giugno 2006

Osservazioni al progetto di nuovo P.R.G. – viabilità

All’Ill.mo Signor Sindaco
Comune di Acquedolci (ME)
dott. Salvatore Oriti

Oggetto: Revisione del Piano Regolatore Generale.
Osservazioni al progetto depositato – Viabilità urbana ed extraurbana.
Il Movimento Rinnovamento e Partecipazione con la presente osservazione desidera formulare alcuni rilievi in merito agli interventi del Pianificatore riguardo la viabilità urbana ed extraurbana.
Il Pianificatore prevede e prescrive (cfr. pag. 19 Relazione Generale) che:
Tutte le espansioni verranno elaborate con l’individuazione del disegno della viabilità, delle zone verdi e dei parcheggi; la viabilità sarà prescritta mentre la previsione del verde e dei parcheggi sarà indicativa”.
Per le nostre osservazioni in merito alla viabilità distingueremo gli interventi previsti e proposti a sud della SS 113 da quelli a nord della stessa.
Osserviamo, innanzitutto, che l’estesissima zona C3 prevista ad est del centro urbano risulterà servita da due sole strade di comunicazione e collegamento:
-       la strada comunale Marina – Oliveto, che collega la S.S. 113 alla S.S. 289, che si prevede di adeguare allargando la sede viaria
-       un nuovo asse viario di collegamento tra la Via Circonvallazione e la strada comunale Castellaro e da essa all’inizio della strada comunale Marina – Oliveto.
A queste vanno aggiunte la stessa strada comunale Castellaro e un’altra strada, che non viene menzionata, che ha inizio dal nuovo asse viario, nel primo tratto perimetra la stessa zona C3 e muore, senza uscita, ai piedi dell’autostrada a valle della stazione di servizio della stessa.
Ad ovest la zona di espansione Barranca è prevista lungo il tracciato della strada ex ESA che la collega di fatto con il centro abitato e che verrà adeguata nel tracciato rimodulando i due collegamenti esistenti con la viabilità principale: “innesto lato Ovest con la bretella ex SS 113 e innesto lato Nord con la Provinciale collegata alla SS 113 in prossimità del Cimitero”.
L’adeguamento della via Barranca (via Murialdo) e della parallela ad est della stessa sono gli altri due interventi previsti dal Piano.
Per questa prima parte osserviamo che:
- la Circonvallazione (strada della Provincia Regionale di Messina SP 163b) è ormai diventata una strada urbana e non costituisce di fatto un’alternativa all’attraversamento del centro urbano;
- la viabilità prevista per tutta la zona C3 ad ovest dello stesso non sarebbe per nulla connessa;
proponiamo contestualmente di considerare la possibilità di collegare il nuovo asse viario in progetto (parallelo alla SS113) con la strada provinciale 164 di Nicetta, in corrispondenza della curva all’interno della quale sorge il capannone comunale; la stessa strada provinciale 164 dovrebbe essere adeguata a nuova circonvallazione per il tratto che va dal capannone comunale all’incrocio Cruzzuluddu dal quale dovrebbe partire una nuova strada che costeggi il nastro autostradale e si innesti con la strada ex ESA di Barranca in corrispondenza della strada provinciale 164a di Piano Cottone, in tal modo sarebbe realizzato un percorso alternativo a quello urbano che consenta di chiudere lo stesso in caso di emergenza o necessità.
Le strade Castellaro e Marina – Oliveto andrebbero collegate con una strada a ridosso del nastro autostradale, e ad esso parallela, che tra l’altro consentirebbe alla strada prevista tra le due di connettersi in rete con il resto della viabilità con vantaggi notevoli ed evidenti.
Gli interventi sulla viabilità a sud della SS 113 sono invece particolarmente numerosi e riguardano quasi tutti la fascia costiera.
Per quanto riguarda gli accessi alla costa è previsto l’allargamento e l’adeguamento dei sottopassi ferroviari esistenti, antistanti il centro abitato (Marina e Torrente Corvo), un nuovo sottopasso che colleghi la nuova provinciale alla SS 113 e alla Marina – Oliveto, e due strade lungo il letto dei torrenti Inganno e Furiano.
Suggeriamo di prevedere (consultando e coinvolgendo l’ANAS) in corrispondenza del nuovo incrocio, che si verrebbe a creare tra la SS 113 e la strada mare – Marina – Oliveto, la realizzazione di una rotonda che consentirebbe una facile regolamentazione dello stesso, interrompendo il lungo rettilineo e limitando al contempo la velocità dei veicoli, diventando anche un segno forte dell’inizio del centro abitato da est.
Non sarebbe impossibile a nostro avviso poi, potere realizzare un altro sottopasso in corrispondenza della stazione ferroviaria, ad ovest della stessa, dove si prevede il collegamento di via Miramare con il piazzale, o ad est nel piazzale stesso.
Riguardo il prolungamento della intercomunale S. Agata Acquedolci riteniamo inutile quanto impossibile avere due tracciati paralleli in corrispondenza del centro abitato dal sottopasso di ponte Marina (castello Cupane) fino al ricongiungimento di via Corvo (Barranca mare).
In considerazione di ciò, il Movimento Rinnovamento e Partecipazione auspica che il Pianificatore voglia riconsiderare le scelte operate tenendo conto delle osservazioni sopra esposte.
Cordialmente.
Acquedolci, lì 15.06.2006

sabato 10 giugno 2006

Referendum costituzionale

Le conseguenze dell’esito del referendum costituzionale confermativo del 25 e 26 giugno in caso di vittoria del “si” o del “no”
PARLAMENTO

Se vince il sì

Nasce un bicameralismo asimmetrico. La Camera ha un carattere più spiccatamente politico. Il numero dei deputati cala a 518 (18 eletti all’estero). Si aggiungono al totale i «deputati a vita» (gli ex presidenti della Repubblica più 3 di nomina del capo dello Stato). Votano i maggiorenni, e per essere eletti bastano 21 anni alla Camera e 25 al Senato. I 252 senatori sono eletti in ogni Regione «contestualmente all’elezione dei Consigli regionali». Partecipano anche (senza diritto di voto) rappresentanti dei Consigli regionali e delle autonomie locali. Per la validità del voto dovranno essere presenti senatori di almeno un terzo delle Regioni. Il regolamento del Senato Federale garantirà i diritti delle minoranze. Alle opposizioni spetta la presidenza delle Commissioni di garanzia, di controllo e d’inchiesta della Camera. I presidenti di Camera e Senato sono eletti con maggioranza dei due terzi (assoluta dal terzo scrutinio).
Se vince il noVige il bicameralismo perfetto: tutte le proposte per diventare legge devono essere approvate nello stesso testo sia dalla Camera che dal Senato.
I deputati sono 630, e i senatori 315 più i senatori a vita (gli ex presidenti della Repubblica più cinque di nomina presidenziale). Non c’è solo una differenza nell’elettorato passivo (i senatori devono avere almeno 40 anni, i deputati 25), ma anche nell’elettorato attivo: per la Camera votano, infatti, i cittadini che abbiamo compiuto i 18 anni, mentre per il Senato possono farlo soltanto i cittadini che abbiano superato il 25° anno di età. Non è prevista nessuna norma che tuteli i diritti delle opposizioni. In merito alle elezioni dei presidenti il testo vigente della Costituzione specifica soltanto che «ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il presidente e l’ufficio di presidenza». È il regolamento delle due Camere a specificare le modalità di elezione, in ossequio al principio di autonomia degli Organi costituzionali per il quale spetta alle Camere stabilire le norme che riguardano l’organizzazione e l’elezione delle cariche interne (c.d. “autodichia”).
ITER LEGISLATIVO
Se vince il sìCamera e Senato Federale si dividono il lavoro. Spettano alla Camera le leggi su materie di esclusiva competenza dello Stato in base all’articolo 117 riformato. Al Senato, invece, le materie di legislazione concorrente.
Dopo l’approvazione della Camera, il Senato può proporre, entro 30 giorni, modifiche sulle quali la Camera decide in via definitiva. Anche la Camera può, entro 30 giorni, proporre modifiche alle leggi approvate dal Senato.
Su alcune materie, nel caso in cui non ci sia un identico testo dei due rami del Parlamento, può essere convocata dai presidenti di Camera e Senato una commissione paritetica per elaborare un testo condiviso. Il capo dello Stato, può autorizzare il primo ministro a esporre al Senato i motivi che lo spingono a proporre modifiche (essenziali per il programma) a una legge di competenza del Senato. Se le modifiche non sono accolte, la parola finale passa alla Camera.
Se vince il noVale il bicameralismo perfetto: cioè i due rami del Parlamento hanno uguali funzioni e prerogative. Ciò comporta che un articolato non possa trasformarsi in legge fintantoché non sia stato approvato nella stessa versione tanto dalla Camera che dal Senato. Ciò può comportare in teoria, ma in qualche caso anche in pratica, che un proposta di legge possa non arrivare mai in porto per un continuo rinvio (la famosa “navetta”) tra i due rami del Parlamento. Implica, inoltre, un rallentamento dei lavori in quanto le due Camere devo interessarsi di tutte le materie. Per converso, questo sistema consente una maggiore riflessione al legislatore ed è più difficile che una legge possa essere approvata sulla spinta di un’onda emotiva.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Se vince il sì
Il Presidente della Repubblica “rappresenta la Nazione ed è garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica”. L’età per essere eletti scende a 40 anni. La scelta spetta all’Assemblea della Repubblica: deputati, senatori, rappresentanti delle Regioni (presidenti delle Giunte, comprese quelle delle Province di Trento e Bolzano e delegati eletti dai Consigli regionali) con 2/3 dei componenti nei primi 3 scrutini, 1 3/5 al quarto e, quindi, la maggioranza assoluta. Nomina i presidenti delle Autorità e il vicepresidente del CSM. I suoi atti – anche quelli di grazia – devono essere controfirmati dai ministri.
Se vince il no
Il Presidente della Repubblica “rappresenta l’unità nazionale”. È eletto dal Parlamento in seduta comune. Partecipano all’assemblea anche tre delegati per ogni regione (tranne la Valle d’Aosta che ne ha 1). Per l’elezione è prevista la maggioranza dei 2/3 dell’Assemblea, ma dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Può essere eletto se ha almeno 50 anni. Può sciogliere le Camere “sentiti i loro presidenti”. Può nominare un nuovo presidente del Consiglio che goda della fiducia della maggioranza del Parlamento, anche se è costituita da parlamentari che non facevano parte della coalizione di maggioranza che appoggiava il governo costituito dopo le elezioni.
PREMIER
Se vince il sì
Nasce il Primo ministro, che non dovrà più ottenere la fiducia delle Camere, ma dovrà illustrare il suo programma sul quale voterà la sola Camera.
Se lo richiede, su sua «esclusiva responsabilità», il capo dello Stato deve sciogliere la Camera. Inoltre potrà porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera si esprima «con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del governo». In caso di bocciatura deve dimettersi. Viene eletto in collegamento con una o più liste di candidati.
Se vince il no
Resta il presidente del Consiglio dei ministri, che è nominato dal capo dello Stato, che designa anche i ministri, seppure su proposta del premier. Dirige, ed è responsabile della politica generale del governo, ma l’esecutivo è un organo collegiale. Il premier mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo e coordina l’attività dei ministri. Questi sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. Il governo entro dieci giorni dalla formazione si presenta alle Camere e deve averne la fiducia.
RAPPORTO MAGGIORANZA PARLAMENTARE – GOVERNO
Se vince il sìLa Camera può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, approvando una mozione di sfiducia firmata almeno da un quinto dei componenti. In caso di approvazione, il premier si dimette e il capo dello Stato decreta lo scioglimento della Camera. Il Primo ministro si dimette anche se la mozione di sfiducia viene respinta col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza. Garante è il presidente della Repubblica, che richiede le dimissioni del Primo ministro anche nel caso in cui per il voto favorevole a una questione di fiducia posta dal Primo ministro sia stata determinante una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne. Viene istituita, però, la “sfiducia costruttiva”: i deputati appartenenti alla maggioranza uscita dalle urne, infatti, possono presentare una mozione di sfiducia con la designazione di un nuovo Primo ministro. In tal caso il premier in carica si dimette e il capo dello Stato nomina il Primo ministro designato nella mozione.
Se vince il noNon ci sono regole in proposito, nonostante nella cultura politica della cosiddetta “seconda repubblica” siano deprecati i ribaltoni, cioè i cambiamenti della maggioranza di governo uscita dal voto, e senza ritornare alle urne. L’attuale testo della Costituzione delinea, infatti, un sistema a forte centralità del Parlamento. Lo stesso premier sfiduciato dalle Camere, o qualsiasi altro presidente del Consiglio che abbia ricevuto l’incarico dal capo dello Stato, può presentarsi alle Camere anche con una maggioranza diversa da quella che ha vinto le elezioni.
AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA
Se vince il sì
I componenti del Consiglio superiore della Magistratura, oltre a quelli eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari, saranno eletti per un sesto dalla Camera e per un sesto dal Senato federale tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio.
Se vince il no
La Costituzione attuale prevede che siano eletti per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Il Presidente della Repubblica nomina il vicepresidente del Csm nell’ambito dei componenti eletti dalle Camere.
DEVOLUZIONE
Se vince il sìTornano tra le competenze esclusive dello Stato la promozione internazionale dell’economia nazionale, la politica monetaria, il credito, le organizzazioni comuni di mercato, le norme generali sulla tutela della salute, la sicurezza alimentare e del lavoro, l’ordinamento della Capitale, le grandi reti di trasporto e relativa sicurezza, l’ordinamento della comunicazione, delle professioni, dello sport e dell’energia. Tra le materie a legislazione concorrente (norme generali stabilite dallo Stato e norme di attuazione affidate alle leggi regionali) si sono incluse, relativamente solo all’ambito regionale: l’ordinamento sportivo, la comunicazione, l’emittenza, la promozione dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche e gli istituti di credito. Tra le competenze esclusive delle regioni, infine, l’“assistenza” e l’“organizzazione sanitaria”, l’“organizzazione scolastica”con la definizione dei programmi di interesse della Regione, la “polizia amministrativa regionale e locale”.
Se vince il noLa riforma varata dall’Ulivo nel 2001 ha modificato sensibilmente l’art. 117 della Costituzione del 1948. Dopo aver elencato le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato e quelle oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, stabilisce che spetta alle Regioni la potestà legislativa (esclusiva) in riferimento a ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. La Riforma dell’Ulivo precisa che tra i limiti della potestà legislativa di Stato e Regioni, oltre al rispetto della Costituzione e ai vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea, vi sono anche “gli obblighi internazionali”.
FEDERALISMO FISCALE
Se vince il sì
La riforma della Cdl ha confermato il “federalismo fiscale” varato dall’Ulivo. Ma ha aggiunto l’obbligo che entro 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge di riforma costituzionale sia attuato. Ha, inoltre, fissato dei limiti per cui in nessun caso l’attribuzione dell’autonomia impositiva alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva. Inoltre ha aggiunto la specificazione che “il riconoscimento” del principio di sussidiarietà (secondo il quale le formazioni sociali più grandi possono intervenire a sostegno delle più piccole quando, e solo se, queste non hanno risorse e mezzi risorse sufficienti per far fronte alle loro necessità), già introdotto con la riforma dell’Ulivo, deve essere favorito “anche attraverso misure fiscali”.
Se vince il noGià la riforma dell’Ulivo ha introdotto nel nostro ordinamento il principio di“federalismo fiscale” per cui i Comuni, le Province, e le Città metropolitane oltre alle Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
La riforma dell’Ulivo ha inoltre affermato il principio – poi confermato e precisato dalla Cdl – secondo il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (vedi sopra).
CORTE COSTITUZIONALE
Se vince il sì
Aumentano i giudici di nomina parlamentare. La Consulta sarà composta da 15 giudici: 4 nominati dal capo dello Stato, 4 dalle supreme magistrature, ordinaria e amministrative, 3 dalla Camera dei deputati e 4 dal Senato federale integrato dai governatori.
Se vince il no
Il numero di giudici di nomina parlamentare rimane invariato. Pertanto, la Consulta sarà composta sempre da 15 giudici, ma così distribuiti: 5 nominati dal Capo dello Stato, 5 dalle supreme magistrature e 5 dal Parlamento in seduta comune.
NOVITA’ DELLA RIFORMA DELLA CDL:
INTERESSE NAZIONALE
Con la riforma della Cdl, per fare da contraltare al generalizzato trasferimento di competenze esclusive dallo Stato alle Regioni (c.d. devoluzione), viene re-introdotto, dopo che era stato espunto a seguito della riforma del Titolo V del 2001, il concetto di “interesse nazionale”, ma ne viene disciplinato il meccanismo di salvaguardia: il Governo, se ritiene che una legge regionale pregiudica, appunto, l’interesse nazionale della Repubblica, invita la Regione a rimuovere le disposizioni in contrasto con esso. Se entro 15 giorni il Consiglio regionale non ottempera, il governo entro altri 15 giorni sottopone la questione al Parlamento in seduta comune che, con maggioranza assoluta, può annullare la legge. Il Presidente della Repubblica entro i successivi 10 giorni, emana il decreto di annullamento.
Si prevede che lo Stato possa sostituirsi alle Regioni, alle Città metropolitane, alle Province e ai Comuni, in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o comunitari, oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o economica o i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali.
AUTORITA’ INDIPENDENTI
Viene introdotto l’art. 98 bis che prevede (ciò che nei fatti già avviene) l’istituzione delle Autorità indipendenti “per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e su materie di competenza dello Stato”. La nomina dei presidenti spetta al Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle 2 camere.
ENTRATA IN VIGORE
Se la rifoma verrà approvata a seguito del referendum confermativo, una parte della riforma entrerà in vigore subito dopo il referendum: eleggibilità e immunità dei parlamentari, età per il Quirinale, Authority, federalismo, interesse nazionale. Una seconda andrà in vigore dal 2011: Senato federale, iter delle leggi, nuovi poteri del capo dello Stato, premierato. Un’ultima parte ancora più tardi, nel 2016: riduzione del numero dei parlamentari, età per essere eletti alla Camera, contestualità tra elezione del Senato federale e dei consigli regionali.

Giugno 2006 – Situazione politica

Le elezioni regionali sono passate. Rita Borsellino non ce l’ha fatta, ma il sogno non è finito. Il risultato ottenuto dalla sua candidatura è, comunque, positivo, e si è ridotto il margine di svantaggio rispetto alle elezioni regionali precedenti (ne parliamo più diffusamente nell’articolo che segue).È vero che il Presidente Cuffaro era appoggiato da un numero maggiore di liste e il voto disgiunto ha favorito maggiormente la candidata Borsellino (seppur in misura minore rispetto a quanto, forse, ci si attendeva), ma l’assenza di candidati di spicco nelle liste del centro-sinistra ha forse fatto la differenza. Tra due settimane (il 25 e il 26 giugno) saremo di nuovo chiamati alle urne per esprimere il nostro giudizio sulla riforma della Parte II della Costituzione varata dalla maggioranza di centro-destra nella scorsa legislatura (le novità e le conseguenze del voto sono ampiamente descritte nell’apposito articolo su questo numero). Al di là di ogni giudizio di merito sulla riforma, è assolutamente da stigmatizzare il comportamento della ex maggioranza di centro-destra che ha portato alle estreme conseguenze, con la modifica di ben 53 articoli, il pericoloso precedente creato nell’antecedente legislatura dal centro-sinistra mediante l’approvazione (anche lì con i soli voti della maggioranza) della riforma del Titolo V della carta costituzionale riguardante le Regioni e le autonomie locali. Conseguenza, tutto ciò, oltre che dell’esistenza di una classe politica che non sa più far Politica, di un sistema elettorale di tipo bipolare che permette alla coalizione che, di volta in volta, vince le elezioni, di avere i numeri in Parlamento per poter apportare le modifiche costituzionali anche da sola. Un sistema elettorale che avrebbe dovuto seguire, e non anticipare, le attese riforme costituzionali e, come queste, essere condiviso da una maggioranza ben più ampia dei singoli schieramenti.La riforma costituzionale approvata dalla CdL prevede il passaggio da una Repubblica Parlamentare ad una di tipo Federale, con una generalizzazione delle materie in cui le Regioni hanno competenza esclusiva, lasciando allo Stato poche materie espressamente indicate nel nuovo art. 117; c’è un rafforzamento dei poteri del Premier (al limite dello sbilanciamento) fino al punto di poter sciogliere le Camere; il Senato della Repubblica diventa Senato Federale della Repubblica, avrà competenze diverse dalla Camera dei Deputati e verrà eletta in concomitanza con le elezioni regionali (con il rischio di avere maggioranze diverse tra Camera e Senato) con il voto di chi ha compiuto i 18 anni; le leggi verranno approvate col voto di una sola camera, quella competente per materia; cresce la componente politica della Corte Costituzionale (da 5 a 7 giudici) mentre si riduce la componente eletta dalla magistratura; si riduce il numero dei parlamentari (ma solo a partire dal 2016). Questi sono solo alcuni accenni alle novità più rilevanti della Riforma. Un gruppo di giovani giuristi locali sta lavorando per organizzare un incontro pubblico durante il quale verranno spiegate più diffusamente ai cittadini interessati le modifiche alla Costituzione. Per tornare alla politica locale: è arrivata l’estate! Bella scoperta…
No, non è solo un dato meteorologico. L’estate, come ormai accade troppo spesso, ci ricorda che non c’è ancora un bilancio comunale approvato.
La Giunta non ha ancora presentato lo schema di bilancio preventivo per l’approvazione da parte del Consiglio Comunale. Il termine è già scaduto. Si attende forse l’arrivo del commissario ad acta che tolga, apparentemente, dall’imbarazzo di dover approvare un bilancio di cui nessuno vuole la paternità? 
Si sa come lo stesso bilancio sia già stato redatto dall’Assessore Spina e consegnato al Sindaco da diverso tempo.
Lo stesso Assessore ha ribadito per iscritto al Sindaco di aver portato a termine il suo compito. Cosa si aspetta allora? Se il bilancio non è condiviso dal Sindaco, la conseguenza dovrebbe essere la revoca della delega all’Assessore. D’altro canto, se l’Assessore ritiene di aver adempiuto il suo compito, in linea con le direttive del Sindaco, ma la sua opera non è tenuta in considerazione, la conseguenza logica sarebbe rimettere la delega.
C’è chi ipotizza la sciagurata previsione del dissesto finanziario, con la conseguenza che gli unici pagamenti garantiti sarebbero quelli dei dipendenti. Gli altri? Dovranno attendere! Con buona pace anche dei carristi!
Per concludere, stanno per scadere i termini per la presentazione di osservazioni al progetto di Piano Regolatore Generale. Il Movimento Rinnovamento e Partecipazione ne ha presentate alcune che vi saranno rese note, nel testo originale protocollato, con un numero speciale interamente dedicato al PRG che uscirà nelle prossime settimane.

Elezioni regionali

COMMENTO AI RISULTATI DELLE ELEZIONI REGIONALI
Le elezioni regionali del 28 Maggio si sono contraddistinte nel nostro centro per l’alta affluenza al voto, in evidente controtendenza rispetto a quanto accaduto in Provincia e nell’intera isola. Certamente è ipotizzabile che la massiccia affluenza sia giustificabile in parte in relazione alla candidatura di esponenti locali ben radicati nel nostro comprensorio, dall’altra in relazione all’approssimarsi delle elezioni comunali che ha innalzato la temperatura del confronto politico. Una prima considerazione è legata alla bassa percentuale di voti disgiunti. Il candidato del centro destra Cuffaro ha riportato 2.180voti (91 in meno rispetto alla coalizione che lo sosteneva), mentre la candidata del centro sinistra Borsellino ha ottenuto 1.061 preferenze (96 in più della sua coalizione). Nel complesso, si configura uno scenario simile a quello già delineato dalle scorse elezioni politiche nazionali, con una netta affermazione del centro destra capace di doppiare il centro sinistra. E’, tuttavia, da rilevare come il Presidente Salvatore Cuffaro abbia conseguito 282 preferenze in meno rispetto alle regionali di cinque anni fa, mentre, la Dott. ssa Rita Borsellino ha ottenuto 371 voti in più del precedente candidato Sen. Leoluca Orlando.Forza Italia continua ad essere il primo partito di Acquedolci con 912 preferenze, anche se il dato delle nazionali di oltre 1.300 voti si è fortemente ridimensionato (l’effetto Berlusconi questa volta non c’è stato). L’On. Beninati, sostenuto dall’Avv. Ciro Gallo, ha conseguito 541 preferenze. Si segnala anche il buon esito elettorale per D’Aquino e Baldari (rispettivamente con 120 ed 85 voti), pure sostenuti da alcuni politici acquedolcesi. L’U.D.C. continua a godere di buona salute (706 voti), migliorando il dato delle nazionali in cui aveva ottenuto 420 voti. Significativo il risultato del candidato dott. Nino Reitano (398 preferenze) e di particolare interesse la buona performance dell’On. Giovanni Ardizzone (244 voti) appoggiato, tra l’altro, anche da alcuni consiglieri di opposizione. Per quanto concerne la lista di A.N. (389 preferenze), il candidato più votato è stato l’On. Santi Formica (155 voti), seguito da Materia (76 voti) Currenti (64) e Buzzanca (56).
Giova qui specificare come il locale Circolo abbia appoggiato più candidati e che nel complesso abbia mantenuto lo stesso numero di voti delle precedenti elezioni politiche (398). 
La “Lista del Presidente” ha riportato 154 voti, di cui 84 sono andati all’On. Sanzarello e 60 al deputato uscente Franchina.Infine, per il centro destra il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo ha riportato 82 voti. Il candidato di punta, il neo-onorevole Cateno De Luca ha conseguito solo 12 preferenze. Evidentemente, la sua fugace apparizione notturna ad Acquedolci e l’appoggio, forse soltanto promesso da qualche politico locale, non sono stati sufficienti ad assicurarne il successo. Nel centro sinistra fortissima affermazione della Margherita (543 voti) che, da sola catalizza quasi il 60 per cento delle preferenze dell’intera coalizione. La forte crescita, rispetto alle scorse politiche nazionali (in cui aveva conseguito 225 preferenze) è in buona parte ascrivibile alla presenza del candidato locale Dott. Sidoti che ha conseguito 414 voti. Invero, il candidato della Margherita, oltre ad essere stato sostenuto dai rappresentanti locali del partito, avrebbe pure beneficiato dell’appoggio del Sindaco Dott. Salvatore Oriti. Stando così le cose, sarebbe necessario chiedersi se Acquedolci abbia ancora un’Amministrazione di centro destra e se la vicinanza politica del nostro Sindaco a schieramenti di centro sinistra debba considerarsi indicativa di nuovi assetti politici, anche in relazione alle prossime elezioni comunali.La lista dei Democratici di Sinistra ha conseguito 157 preferenze di cui 66 sono andati al neo-onorevole Francesco Calanna, sostenuto dalla locale sezione diessina, e 9 preferenze all’On. Panarello. Un discorso a parte merita la candidata per la lista “Rita – il mio impegno per la Sicilia” Avv. Lucrezia Zingale. Ben 127 i voti conseguiti ad Acquedolci, un risultato certamente lusinghiero per una giovane che si affacciava per la prima volta all’agone politico e che ha saputo guadagnarsi l’apprezzamento dell’elettorato acquedolcese. Infine, nella lista Uniti per la Sicilia il candidato Prof. Salvatore Mangione ha riportato 43 voti. Nel complesso la sensazione generale è che alle ultime elezioni regionali, i politici locali abbiano iniziato ad affilare i coltelli in vista delle comunali del prossimo anno. Probabilmente, a voler leggere tra le cifre, sembrerebbe che vi sia una situazione di generale incertezza che non consente di distinguere nettamente vincitori e vinti. Del resto, in un paese in cui alle ultime comunali lo scarto tra i due candidati è stato di poco più di 100 voti, ogni singola componente politica potrebbe, a questo punto, risultare decisiva e fare la differenza. 



[1] Tutti i dati relativi alle elezioni regionali del 28 maggio sono stati forniti dall’Ufficio Elettorale di Acquedolci.

lunedì 5 giugno 2006

Osservazioni al progetto di nuovo P.R.G. – zona C

All’Ill.mo Signor Sindaco
Comune di Acquedolci (ME)
dott. Salvatore Oriti
Oggetto: Revisione del Piano Regolatore Generale.
Osservazioni al progetto depositato – Zona C.
Il Movimento Rinnovamento e Partecipazione con la presente osservazione desidera formulare alcuni rilievi in merito alla estensione, collocazione e strutturazione della zona C prevista dal nuovo P.R.G..
 1) Estensione della Zona C
È da rilevare, in via preliminare, come il Pianificatore non abbia posto a fondamento della redazione del P.R.G. una attenta analisi sull’andamento demografico della popolazione previsto per i prossimi anni.
Nella relazione, in riferimento alla espansione della zona C (cfr. pag. 18) si afferma che: “Ampie previsioni soddisfano astrattamente gli operatori, accontentano più proprietari e, come alcuni sostengono smentiti dai fatti, concorrono alla diminuzione dei prezzi. Tuttavia, ampie previsioni significano anche una maggiore compromissione del territorio.” Ed ancora “bisogna riflettere su disastri urbanistici prodotti da previsioni espansive fuori da ogni misura (si pensi che è stata ipotizzata già nel passato una popolazione di 10.000 abitanti).
Orbene, pur tenendo conto dei rischi legati ad un eccessivo dimensionamento della zona C, la relazione non è suffragata da dati aggiornati (a pag. 43 si opera la proiezione futura al prossimo 31.12.1998 (sic!) che, secondo le stime, sarebbe dovuta essere di 5333 abitanti, e, per di più, l’ultimo censimento della popolazione preso in esame risale al 1991).
La Relazione Generale di accompagnamento al P.R.G. afferma (cfr. pag. 66) che:
“È importante sottolineare come non possono assumersi quale criterio di predimensionamento il tasso di crescita demografico, il quale nell’insieme, non ha un andamento stabile, questo di fatto rende molto difficile fare previsioni a medio termine. Tali osservazioni non costituiscono giustificazione per una eventuale politica edilizia espansiva ma solo una premessa e un richiamo per la metodologia utilizzata. Infatti più che fondare il dimensionamento sull’analisi dinamica si fa riferimento alla situazione delle famiglie ed al patrimonio edilizio esistente, come rapporto tra componenti familiari e spazio di utilizzo dell’unità immobiliare”.
È da rilevare come il Pianificatore dichiara che intende basare la sua analisi non tanto su criteri concernenti l’espansione demografica, ma su elementi correlati al “rapporto tra componenti familiari e spazio di utilizzo dell’unità immobiliare” ovvero “situazione delle famiglie ed al patrimonio edilizio esistente”.
Questa scelta risulta essere molto discutibile, sia perché si basa su una visione parziale della realtà, sia perché non è ancorata a riscontri comparativi, ovvero a criteri statistici rigorosi. I calcoli sviluppati dal Pianificatore, quindi, costituiscono un mero esercizio aritmetico e, oltre a non seguire dettami normativi che ne prescrivano le procedure né indicazioni politiche, non dicono in realtà nulla di attendibile o di scientificamente verificabile sulle future esigenze abitative della popolazione.
La relazione continua (pag. 70) osservando come:
“… in riferimento alla situazione demografica al 31.12.2000 pari a n° 5399 abitanti scaturisce, in rapporto ai tre decenni, un costante aumento, nel quale è ipotizzabile l’incremento nel prossimo ventennio di tale parametro anche in maniera sostanziale , giustificato dai seguenti motivi:1. Valorizzazione delle riserve naturali (Grotta San Teodoro) e culturali (Castello Cupani);2. Sviluppo turistico – alberghiero connesso alla realizzazione della strada provinciale sul litorale di collegamento con il centro di S. Agata Militello;3. Miglioramento delle attività legate alla balneazione con la realizzazione di zone attrezzate (Piano Spiaggia).4. Miglioramento delle attrezzature sportive direttamente fruibili con la realizzazione della strada provinciale sopra richiamata.5. Miglioramento dell’aspetto commerciale con la realizzazione della variante urbanistica ai sensi della L.R. n° 28/99 e D.P. del 11.07.2000 ed individuazione di aree commerciali.6. Sviluppo e definitivo decollo delle attività artigianali e produttive;”
Gli elementi posti a fondamento dell’analisi costituiscono delle mere supposizioni e, in ogni caso, il Pianificatore non ha operato un raffronto con i contesti socio-economici delle realtà comunali vicine per dire in che misura i fattori elencati nei punti da 1 a 6 della relazione (o altri fattori analoghi) abbiano inciso in tali contesti. Sarebbe stato auspicabile che il presente Piano avesse elevato tali considerazioni da semplici punti di partenza a obiettivi primari dello strumento urbanistico.
Oltretutto, nella planimetria allegata si riscontra un’estensione della zona C3 quasi pari alla odierna estensione del centro abitato. A parere degli Scriventi sembrerebbe quasi che vengano volutamente disattesi i principi urbanistici tanto decantati nella parte introduttiva della relazione generale.
L’estensione o meglio il sovradimensionamento della zona di espansione non può trovare giustificazione alcuna nell’osservazione a tenore della quale “tutte le società presentano alti livelli di indeterminatezza; mutano le abitudini e le modalità di convivenza, si modifica la struttura economica, cambiano i rapporti tra i sessi e le relazioni tra i giovani e la famiglia, non sono più stabili neppure le preferenze abitative” (cfr. relazione pag. 18).
Tali considerazioni rappresentate dal Pianificatore, oltre a presentare un alto livello di incertezza ed opinabilità, in ogni caso, non forniscono alcun elemento concreto atto a motivare l’espansione edilizia contemplata nel piano. Non pare convincente volere giustificare una così ampia definizione della zona C3, sulla sola considerazione che le moderne dinamiche sociali porterebbero, secondo il Pianificatore, ad un maggiore bisogno di abitazioni pro capite.
Se il vecchio P.R.G. tendeva ad ancorare la necessità di nuovi alloggi sulla base di una supposta crescita del flusso migratorio verso Acquedolci (presupposto questo mai avverato nelle proporzioni descritte dal precedente strumento urbanistico), il nuovo P.R.G. non può neanche avvalersi di una simile giustificazione.
Ed invero, l’unico tipo di flusso migratorio oggi apprezzabile può solo essere di tipo turistico, mentre, in passato, si doveva tenere conto di flussi (attualmente marginali) provenienti dai centri viciniori.
Pare in ogni caso spropositata la previsione relativa al flusso turistico, operata dal Pianificatore, il quale ha compiuto una stima sganciata da previsioni statistiche obiettive e calibrata su comprensori turistici paragonabili a Giardini Naxos, Taormina o Lipari.
Più auspicabile sarebbe stato un minore dimensionamento della zona C3, più compatibile con la crescita demografica e socio-economica della comunità acquedolcese e, certamente, meno invasivo dell’ambiente.
Ed invero, già in passato, l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, in occasione della revisione dello strumento urbanistico attualmente vigente aveva decretato la NON APPROVAZIONE delle zone C3 poste a monte del centro urbano, prescrivendo che “le aree interessate da detta zona, debbano essere considerate zona E verde agricolo” (cfr. Decreto Assessoriale n. 1 del 3 gennaio 1991, art. 1), riportando le zone C3 alla stessa entità di quelle appropriate con Decreto Assessoriale n. 84 del 12 agosto 1974.
 2) Collocazione della zona C3
Osserva il Pianificatore con riferimento alle previsioni contemplate dal P.R.G. del 1986 che “il disegno urbano delle nuove espansioni è stato proposto non tanto come un fattore che potesse contribuire a migliorare l’assetto urbanistico, ma, piuttosto, come un elemento che ha finito per indurre lo slabbramento dell’abitato quale promessa di un’ulteriore espansione verso la campagna.” cfr. pag. 17). Viceversa, il nuovo strumento urbanistico “dovrà tendere, in generale, acompattare l’abitato, operando una ricucitura, determinando una nuova sistemazione della viabilità, soprattutto di quella delle nuove zone di espansione e costituendo delle micro-centralità, anche attraverso una migliore sistemazione delle attrezzature e degli standardin modo da essere organizzate per la loro funzionalità e non per un mero rispetto di un dettato normativo.” cfr. relazione pag. 17 – 18.
Invero, pare per certi profili encomiabile l’avere cercato di predisporre la zona C3 a ridosso del centro abitato. Tuttavia, il Pianificatore avrebbe dovuto conferire maggiore continuità alla zona in parola evitando di configurarla a “macchia di leopardo”.
Non si comprende, ad esempio, la ratio sottesa all’inserimento di ampie fasce di zona E che segmentano la zona C3, precludendo la compattazione dell’abitato che pure era stata giustamente auspicata nella relazione.
Peraltro, non pare che vi siano ostacoli di tipo geologico o orografico che precludono la compattezza della zona C3.
È poi, da rilevare come stranamente la collocazione della zona C3 non corrisponde alle previsioni dello schema di massima, il quale aveva riconfermato le zone C3 stabilite dal già citato Decreto Assessoriale n. 1 del 3 gennaio del 1991. Pare singolare il fatto che la porzione della zona C3, posta a Sud del tracciato autostradale sia poi stata spalmata, invece, a Nord della rete autostradale con una estensione ben maggiore di quella originariamente conferitale.
 3) Strutturazione della zona C3
Il profilo in esame assume particolare interesse, in relazione anche al futuro sviluppo socio-economico della comunità ed alla qualità della vita nei nuovi insediamenti.
È singolare notare come il P.R.G. si limita semplicemente a delineare l’area ricompresa nella zona C3 senza prevedere alcun intervento infrastrutturale idoneo ad assicurare quella micro-centralità che pure viene citata dal Pianificatore quale criterio di indirizzo del nuovo strumento urbanistico (cfr. pag. 17).
Eppure a pag. 6 della relazione si può leggere come si intenda procedere alla definizione “nel dettaglio di scelte relative alla viabilità ed ai parcheggi, nonché alla qualificazione edilizia ed alla dotazione ed organizzazione dei servizi, delle attività di carattere collettivo, degli spazi verdi ed, infine del sistema delle reti urbane”.
Nella planimetria allegata possono scorgersi solamente due strade (una delle quali si conclude in prossimità dell’autostrada senza avere alcuno sbocco), il cui andamento, peraltro, pare assai poco funzionale, dal momento che non coprono la zona C3 nella sua estensione malgrado l’analisi dell’assetto morfologico del territorio avesse evidenziato la “mancanza di collegamento tra il centro e la parte in espansione”. Inoltre, è anomalo che la perimetrazione delle zone Cad est non segua l’andamento delle sedi stradali già esistenti (SS 289).
A ciò bisogna pure aggiungere l’assoluta mancanza di qualsiasi previsione volta a individuare opere pubbliche, ovvero ad ubicare eventuali zone F a servizio delle aree di espansione (sul punto infelice si rivela la collocazione di un plesso scolastico nella parte ovest del Comune a poche decine di metri a filo d’aria da altra scuola oggi funzionante!).
È evidente che la omissione di tali previsioni implica, quale naturale corollario, la saturazione del centro cittadino su cui verrà a orbitare l’intera popolazione residente nelle zone C3.
Ad aggravare la situazione vi è pure il fatto che l’attuale centro cittadino (zona B) presenta carenze di attrezzature e servizi pubblici, così come segnalato nella relazione (cfr. pag. 15).
Il criterio della micro-centralità, quale sistema urbanistico complesso di  servizi ed attrezzature destinate all’area di espansione, non può in alcun modo dirsi osservato. Si sarebbe, ad esempio, potuto prevedere la localizzazione di scuole, di luoghi di culto, di aree destinate a parchi urbani, di presidi per le Forze dell’ordine, di strutture per la delocalizzazione degli uffici comunali più importanti, di biblioteche, di uffici per le poste.
È poi da evidenziare come la tipologia edilizia che dovrebbe sorgere nella nuova area di espansione non sarà esclusivamente di natura residenziale-stagionale. Al di là delle intenzioni del Pianificatore, è, infatti, da registrare che le lottizzazioni ad oggi autorizzate nelle aree coincidenti con quelle classificate zona C3 dal vecchio piano regolatore e riconfermate tali dal nuovo strumento urbanistico, sono espressione di insediamenti di carattere residenziale-stanziale.
Ne consegue, pertanto, che il piano regolatore avrebbe dovuto curare simili profili prestando maggiore considerazione ai servizi che si intendono offrire ai residenti dei nuovi insediamenti, che, presumibilmente, non saranno turisti di passaggio, ma abitanti stabili.
In ogni caso, non può certamente pensarsi che il Pianificatore abbia inteso riservare ai piani di lottizzazione l’incombenza di sopperire, negli angusti limiti ad essi demandati dal Legislatore, alle carenze strutturali del P.R.G., non essendo pensabile che dei privati cittadini si facciano carico della realizzazione di opere pubbliche.
In considerazione di quanto sopra il Movimento Rinnovamento e Partecipazione, vuole con la presente osservazione, invitare l’Autorità procedente ad operare le opportune modifiche nella definizione delle zone C, con particolare riguardo ad un minore dimensionamento della zona C3, ad una maggiore continuità nella sua collocazione e ad un più accurato sistema di servizi pubblici.
Cordialmente.
Acquedolci, lì 05.06.2006